PIM- PKL'2014.3.31.
e da costei ond’io principio piglio
pigliavano il vocabol de la stella
che ‘l sol vagheggia or da coppa or da ciglio.

Io non m’accorsi del salire in ella;
ma d’esservi entro mi fé assai fede
la donna mia ch’i’ vidi far più bella.

Quella sinistra riva che si lava
di Rodano poi ch’è misto con Sorga,
per suo segnore a tempo m’aspettava,

e quel corno d’Ausonia che s’imborga
di Bari e di Gaeta e di Catona
da ove Tronto e Verde in mare sgorga.

Fulgeami già in fronte la corona
di quella terra che ‘l Danubio riga
poi che le ripe tedesche abbandona.

E la bella Trinacria, che caliga
tra Pachino e Peloro, sopra ‘l golfo
che riceve da Euro maggior briga,

non per Tifeo ma per nascente solfo,
attesi avrebbe li suoi regi ancora,
nati per me di Carlo e di Ridolfo,

se mala segnoria, che sempre accora
li popoli suggetti, non avesse
mosso Palermo a gridar: "Mora, mora!"

Canto VIII, 10- 15
Canto VIII, 58-75
Sì venne deducendo infino a quici;
poscia conchiuse: «Dunque esser diverse
convien di vostri effetti le radici:

per ch’un nasce Solone e altro Serse,
altro Melchisedèch e altro quello
che, volando per l’aere, il figlio perse.

La circular natura, ch’è suggello
a la cera mortal, fa ben sua arte,
ma non distingue l’un da l’altro ostello.
Canto VIII,
121-135
Canto VIII, 40-45
Poscia che li occhi miei si fuoro offerti
a la mia donna reverenti, ed essa
fatti li avea di sé contenti e certi,

rivolsersi a la luce che promessa
tanto s’avea, e «Deh, chi siete?» fue
la voce mia di grande affetto impressa.
Onde la luce che m’era ancor nova,
del suo profondo, ond’ella pria cantava,
seguette come a cui di ben far giova:

«In quella parte de la terra prava
italica che siede tra Rialto
e le fontane di Brenta e di Piava,

si leva un colle, e non surge molt’alto,
là onde scese già una facella
che fece a la contrada un grande assalto.

D’una radice nacqui e io ed ella:
Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
perché mi vinse il lume d’esta stella;
Canto IX, 22-33
E ciò non pensa la turba presente
che Tagliamento e Adice richiude,
né per esser battuta ancor si pente;

ma tosto fia che Padova al palude
cangerà l’acqua che Vincenza bagna,
per essere al dover le genti crude;
Canto IX, 46-51
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