PKL'2014.3.37.
E come cerchi in tempra d’oriuoli
si giran sì, che ‘l primo a chi pon mente
quieto pare, e l’ultimo che voli;

così quelle carole, differente-
mente danzando, de la sua ricchezza
mi facieno stimar, veloci e lente.

E come surge e va ed entra in ballo
vergine lieta, sol per fare onore
a la novizia, non per alcun fallo,

così vid’io lo schiarato splendore
venire a’ due che si volgieno a nota
qual conveniesi al loro ardente amore.

Misesi lì nel canto e ne la rota;
e la mia donna in lor tenea l’aspetto,
pur come sposa tacita e immota.

«Questi è colui che giacque sopra ‘l petto
del nostro pellicano, e questi fue
di su la croce al grande officio eletto».

Canto XXIV, 13-18
Canto XXV,103-114
E la mia donna: «Dentro da quei rai
vagheggia il suo fattor l’anima prima
che la prima virtù creasse mai».
Canto XXVI, 82-84
Canto XXIV, 34-39
Ed ella: «O luce etterna del gran viro
a cui Nostro Segnor lasciò le chiavi,
ch’ei portò giù, di questo gaudio miro,

tenta costui di punti lievi e gravi,
come ti piace, intorno de la fede,
per la qual tu su per lo mare andavi. .
La lingua ch’io parlai fu tutta spenta
innanzi che a l’ovra inconsummabile
fosse la gente di Nembròt attenta:

ché nullo effetto mai razionabile,
per lo piacere uman che rinovella
seguendo il cielo, sempre fu durabile.

Opera naturale è ch’uom favella;
ma così o così, natura lascia
poi fare a voi secondo che v’abbella.
Canto XXVI, 124-132
Indi si mosse un lume verso noi
di quella spera ond’uscì la primizia
che lasciò Cristo d’i vicari suoi;

e la mia donna, piena di letizia,
mi disse: «Mira, mira: ecco il barone
per cui là giù si vicita Galizia».
Canto XXV, 13-18
Canto XXVII, 10-15

Dinanzi a li occhi miei le quattro face
stavano accese, e quella che pria venne
incominciò a farsi più vivace,

e tal ne la sembianza sua divenne,
qual diverrebbe Iove, s’elli e Marte
fossero augelli e cambiassersi penne.
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