Parean l’occhiaie anella sanza gemme:
chi nel viso de li uomini legge ‘omo’
ben avria quivi conosciuta l’emme.
Chi crederebbe che l’odor d’un pomo
sì governasse, generando brama,
e quel d’un’acqua, non sappiendo como?
(Canto XXIII, 31-36)
Ed elli a me: «De l’etterno consiglio
cade vertù ne l’acqua e ne la pianta
rimasa dietro ond’io sì m’assottiglio.
Tutta esta gente che piangendo canta
per seguitar la gola oltra misura,
in fame e ‘n sete qui si rifà santa.
Di bere e di mangiar n’accende cura
l’odor ch’esce del pomo e de lo sprazzo
che si distende su per sua verdura.
(Canto XXIII, 61-69)
Questi», e mostrò col dito, «è Bonagiunta,
Bonagiunta da Lucca; e quella faccia
di là da lui più che l’altre trapunta
ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia:
dal Torso fu, e purga per digiuno
l’anguille di Bolsena e la vernaccia».
Molti altri mi nomò ad uno ad uno;
e del nomar parean tutti contenti,
sì ch’io però non vidi un atto bruno.
(Canto XXIV, 19-27)
«Or va», diss’el; «che quei che più n’ha colpa,
vegg’io a coda d’una bestia tratto
inver’ la valle ove mai non si scolpa.
La bestia ad ogne passo va più ratto,
crescendo sempre, fin ch’ella il percuote,
e lascia il corpo vilmente disfatto.
Non hanno molto a volger quelle ruote»,
e drizzò li ochi al ciel, «che ti fia chiaro
ciò che ‘l mio dir più dichiarar non puote.
(Canto XXIV, 82-90)