Non scese mai con sì veloce moto
foco di spessa nube, quando piove
da quel confine che più va remoto,
com’io vidi calar l’uccel di Giove
per l’alber giù, rompendo de la scorza,
non che d’i fiori e de le foglie nove;
(Canto XXXII, 109-114)
E Beatrice: «Forse maggior cura,
che spesse volte la memoria priva,
fatt’ha la mente sua ne li occhi oscura.
Ma vedi Eunoè che là diriva:
menalo ad esso, e come tu se’ usa,
la tramortita sua virtù ravviva».
Come anima gentil, che non fa scusa,
ma fa sua voglia de la voglia altrui
tosto che è per segno fuor dischiusa;
così, poi che da essa preso fui,
la bella donna mossesi, e a Stazio
donnescamente disse: «Vien con lui».
(Canto XXXIII, 124-135)
Io ritornai da la santissima onda
rifatto sì come piante novelle
rinnovellate di novella fronda,
puro e disposto a salire alle stelle.
(Canto XXXIII, 142-145)
Sicura, quasi rocca in alto monte,
seder sovresso una puttana sciolta
m’apparve con le ciglia intorno pronte;
e come perché non li fosse tolta,
vidi di costa a lei dritto un gigante;
e baciavansi insieme alcuna volta.
Ma perché l’occhio cupido e vagante
a me rivolse, quel feroce drudo
la flagellò dal capo infin le piante;
(Canto XXXII, 148-156)